COMUNICATO STAMPA 05 – Bologna, 7 febbraio 2011

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Bologna, 8   febbraio 2011

Il lavoro di analisi sulla condizione dei servizi è impegno costante dell’Ordine degli Assistenti Sociali dell’Emilia Romagna, in queste ultime settimane, segnate da forti critiche nei confronti dei Servizi Sociali, la riflessione è stata approfondita, grazie al contributo di numerose testimonianze dei colleghi.

 

Da tempo si rileva un malessere diffuso, non solo nel capoluogo, ma che si estende a tutta la Regione, un allarme a cui è urgente dare risposte, in più direzioni. La posizione che assumono consapevolmente i numerosi professionisti che si sono confrontati con l’Ordine è di forte denuncia del disagio lavorativo, ma anche di contemporanea assunzione di responsabilità nel trovare soluzioni concertate per affrontarlo.

Il sentimento prevalente non è quello della difesa: la proposta che si è elaborata insieme, nei numerosi incontri di questi giorni, si sintetizza nel costruttivo impegno e desiderio di concorrere all’adeguamento del livello di qualità di “risposta” al cittadino.

Le riflessioni si sono concentrate maggiormente su alcuni nodi problematici; rispetto ai modelli organizzativi, non sembra più possibile rimandare la costruzione di protocolli che traducano in pratica l’integrazione tra sociale e sanitario nelle fasi critiche del percorso assistenziale, rendendo effettiva la collaborazione con le altre istituzioni coinvolte nelle fasi cruciali del processo di aiuto. Anche la comunicazione all’interno dell’Amministrazione deve rendere possibile un confronto reale tra chi opera “in prima linea” e la dirigenza, già dalle fasi di programmazione dei servizi.

Tutti concordano inoltre sul fatto che il rapporto con il cittadino debba continuare ad essere improntato al sostegno e all’aiuto anche in carenza di risorse istituzionali, anzi soprattutto in carenza di risorse istituzionali.

 

L’aumento della complessità e delle tensioni sociali non trovano argini di contenimento, la fascia di cittadinanza in condizione di maggiore sofferenza ha aumentato il livello di rivendicazione, l’insoddisfazione spesso sfocia in comportamenti e atteggiamenti di aspro e ruvido contrasto e ciò ha coinciso con un periodo di forti tagli alle risorse del welfare. La domanda delle persone in condizione di bisogno, quando non è pienamente soddisfatta, “come un fiume in piena”, agisce da amplificatore del disagio sociale. Le tragedie naturali provocate dalle inondazioni ci hanno insegnato, nel loro ciclico riproporsi, che le cause di un disastro sono molteplici, e se

non sono tempestivamente rimosse si ripropongono con maggiore prepotenza: la cementificazione, il disboscamento, il mancato investimento di risorse, sono metafore evidenti se vengono trasferite all’ambito del sociale.

 

Inevitabilmente, l’Assistente Sociale, con cui si rapporta direttamente il cittadino, di fronte al crescente numero di domande rischia di essere travolto e individuato come un responsabile diretto della carenza di servizi, quasi fosse uno dei “bersagli da colpire” per placare il malcontento.

 

A questa interpretazione del malessere ha contribuito più o meno consapevolmente l’indagine mediatica di ricerca del “colpevole”.

Anche quando l‘attacco non è mirato al professionista, ma la trattazione è inevitabilmente semplificata o superficiale rischia di incrinare la relazione di fiducia tra l’assistente e l’assistito, si affievolisce quel patto di collaborazione, cooperazione e solidarietà che ha contribuito, nel recente passato, ad esaltare il modello di servizio sociale bolognese, preso come schema di riferimento a livello nazionale.

 

E’ compito e impegno dell’Ordine quello di rivolgersi alla cittadinanza per recuperare, condividere e ridefinire i valori che danno significato e contenuto alla professione di Assistente Sociale che, per essere svolta responsabilmente, deve recuperare credibilità e fiducia nell’ascolto e nel dialogo costruttivo con la persona. quando un singolo fatto diventa la rappresentazione del tutto si rischia di semplificare, strumentalizzare, questo per dire che il dolore, per ogni tragedia che si consuma, deve attivare anche energie positive per tentare di risolvere il problema, quindi la reazione di stringersi e non di costringersi. E’ un segnale necessario per avvicinare tutti ad assumere quella parte di responsabilità e rendere quindi credibile ogni successivo impegno.

 

E’ compito e impegno dell’Ordine invitare al dialogo la stampa e i mass-media, anche quando trattano questioni “delicate”, per cercare di accogliere e promuovere la diffusione del dovere civico che, anche quando il diritto di cronaca mette in evidenza eventi critici (carenze, mancanze, errori), deve avere anche come obiettivo quello di favorire e fare crescere una cultura del confronto non dello scontro, del rispetto non del disprezzo, della critica costruttiva non della svalorizzazione.

 

E’ compito e impegno dell’Ordine chiarire il mandato sociale conferito dalla legislazione all’Assistente Sociale, funzione che richiede ora un punto di incontro e di verifica sostanziale con l’incarico di carattere istituzionale che l’amministrazione attribuisce. E’ questo a nostro parere il punto di ri-partenza per ridefinire le responsabilità, è questo il contesto per ricomporre un patto di condivisione con la cittadinanza. In quest’ottica possono essere recuperate ed integrate tra loro le numerose proposte già avanzate da organizzazioni sindacali, associazioni, gruppi di tecnici, che nell’esercizio quotidiano della loro professione intendono recuperare un ruolo attivo

anche nella fase di riorganizzazione delle attività.

 

 

IL PRESIDENTE

Assistente Sociale sp. Roberto Calbucci

 

 

 

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